IL DRAGNONE: SVELATO UN PREZIOSO TOPONIMO DELL’ALTA VAL DI VARA.
Una recente scoperta del cittadino spezzino Andrea Berti consente di sciogliere le difficoltà che roteavano attorno al toponimo Dragnone (u Dragnùn) dell’Alta Val di Vara. Presso il paese di Vezzola, già noto per la presenza di un castellaro, datato dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria all’epoca del Bronzo, e parzialmente, fino alla seconda età del Ferro, è stato rinvenuto un perfetto solium (voce latina, in italiano soglio, sedia) cioè un sedile utilizzato dall’augure per il controllo del volo degli uccelli augurali. Va detto che nelle Tavole di Gubbio è bene illustrata la presenza di due sacerdoti che effettuavano il sacrificio, deciso la sera precedente dagli anziani della comunità, riuniti in una cena. Da ciò deriva il termine latino e poi italiano di senato e senatore (da çersnatur, participio passato del verbo kersnaom, cenare).Durante la cena degli anziani veniva scelto quale animale sacrificare e con quale uccello controllare se l’esito del sacrificio fosse stato gradito alla divinità prescelta. Il sacerdote che era in alto, seduto nel solium, aveva proprio il compito di controllare se l’uccello prescelto venisse dalla parte giusta (per esempio il picchio verde doveva venire da levante), quindi con la bacchetta, in perfetto silenzio, segnalare al sacerdote che doveva sacrificare l’animale di procedere con il rito. Terminato il sacrificio, il sacerdote-augure, segnalava di nuovo l’arrivo di un picchio verde da levante. L’uccello augurale doveva attraversare lo spazio augurale, definito dalla pietre augurali o da qualche grande albero. Se il picchio verde fosse invece giunto da ponente, significava che il sacrificio doveva essere ripetuto. Da ciò il grande stress per la comunità e per il sacerdote officiante, che, in caso di ripetersi dell’evento negativo, poteva essere allontanato o addirittura ucciso. Da ciò l’uso di droga (si ritiene probabile l’uso di ammanita muscaria, tenuta precedentemente in acqua a macerare per un certo numero di giorni). Lo spazio sacro attorno al solium di Vezzola è perfetto, perché il solium è in alto e raggiungibile con una strada in live pendenza che attornia il muro in sassi che forma uno spazio sacro davanti al solium, dove il popolo non poteva salire. Qui, per separare il popolo dai sacerdoti non serviva forse il cancello (nelle Tavole indicato come çihçera, da cui il toponimo Cichero, nelle alture di Chiavari). La particolarità di questo soglio sta nella sua vicinanza con il castellare di Vezzola, che si trova a poche centinaia di metri al di là del torrente Casserola), con a destra il castellare di Suvero, e davanti il castellare del Dragnone e poi ancora vicino al castellare di Zignago. Si noti che il rilievo del solium è sullo strapiombo formato dalle frane provocate dalle acque vorticose del torrente. In particolare, dopo aver fatto la ricerca delle coordinate geografiche con il GPS “Garmin” è emerso che il soglio guarda esattamente verso Il Nord. Ciò è stato confermato con l’uso di tre bussole magnetiche e con l’uso della bussola del GPS. La posizione del soglio risulta essere la seguente:
Latitudine 44° 16, 604’ Nord
Longitudine 09° 45, 558’ Est
Elevazione metri 468
Anche utilizzando le carte dell’I.G.M. si può scoprire che il soglio e il culmine del Dragnone sono esattamente in meridiano (direzione Nord). Avendo chiesto al collega corso, archeoastronomo Antoine Marie Ottavi, di effettuare una ricerca con il suo programma computerizzato “Arkeorb”, egli mi ha inviato la carta del cielo, alla mezzanotte del 1° gennaio dell’anno 2.700 a.C., in cui si vede come la costellazione del Drago sia distesa sopra il rilievo del Dragnone, e come nella direzione del Nord sia posizionata la stella Thuban (cioè Alfa Draconis) che era la “stella polare” di allora. A questo punto sorge la nuova ipotesi che il toponimo Dragnone possa proprio derivare da questa particolare situazione astronomica della preistoria. Prima l’ipotesi etimologica del toponimo era basata sulla possibile lettura della radice dr- della voce sanscrita drâti = correre, con riferimento all’acqua che scorre veloce (si veda il fiume Drava). Nel “Dizionario di Toponomastica” UTET, alla voce abbastanza similare Dragoni, si legge il richiamo a fenomeni atmosferici violenti, quali i fulmini, che nel sito non mancano. Considerando però che tutta l’area è ricca di toponimi che riportano alla nostra preistoria, si veda l’idronimo Casserola o Casseruola, formato dalla radice catzum, pietra fallica, dalla radice ara, altare per le offerte, e dalla radice Hola, la divinità delle Tavole relativa agli orridi e ai pendii scoscesi, sembra più probabile far derivare il toponimo dall’archeoastronomia del luogo. Si noti che la sacralità di questo idronimo è confermata dal ritrovamento, sulle sue sponde, della prima delle statue stele della Lunigiana, avvenuto il 29 dicembre 1827 a Novà (Comune di Zignago). Essendo allora Zignago in Comune di Genova, la statua fu portata là con un carretto e ora si trova conservata nel Museo di Archeologia Ligure di Villa Durazzo Pallavicini, a Genova Pegli. La statua presenta l’iscrizione incisa con caratteri etruschi MEZUNEMUNIUS. A rafforzare questa particolare etimologia del Dragnone aiuta anche il ritrovamento in Sardegna, nell’ipogeo di Sas Concas (datato al 2.700 a.C.) di una particolare situazione astronomica. All’interno la sala, scavata nella trachite, è stata intagliata con allineamento astronomico, per cui si è verificato, che alla mezzanotte del solstizio d’inverno di quell’anno, Ursa Mayor si vedesse divisa dalla linea del Nord (realizzata con l’incontro ortogonale di due pareti) in due parti. Nella parete di sinistra le quattro ruote, nella parete di destra due stelle del timone. L’interesse dei nostri progenitori per le configurazioni del cielo era quindi predominante rispetto a tanti altri problemi. Completano infatti le manifestazioni sapienziali del vano le costellazioni di Cassiopea e dei Gemelli, la linea cielo/terra con le monadi che lo oltrepassano per scendere sulla Terra, lo shamano, la farfalla (animale psicopompo) e all’esterno anche la costellazione del Drago!
Bibliografia Specifica:
Anati Emmanuel - LE STAUE STELE DELLA LUNIGIANA - Cassa di Risparmio della Spezia, Jaca Book, Milano, 1981
Ancillotti A. & Cerri R. – LE TAVOLE DI GUBBIO E LA CIVILTÀ DEGLI UMBRI – Edizioni Jama, Perugia, 1996
Ambrosi Augusto - STATUE STELE LUNIGIANESI. IL Museo nel castello del Piagnaro – Sagep editrice, Genova, 1992
AA. VV. – DAL DIASPRO AL BRONZO. L’Età del Rame e l’Età del Bronzo in Liguria: 26 secoli di storia fra 3600 e 1000 anni a.C. – Luna Editore, La Spezia, 1998
Una recente scoperta del cittadino spezzino Andrea Berti consente di sciogliere le difficoltà che roteavano attorno al toponimo Dragnone (u Dragnùn) dell’Alta Val di Vara. Presso il paese di Vezzola, già noto per la presenza di un castellaro, datato dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria all’epoca del Bronzo, e parzialmente, fino alla seconda età del Ferro, è stato rinvenuto un perfetto solium (voce latina, in italiano soglio, sedia) cioè un sedile utilizzato dall’augure per il controllo del volo degli uccelli augurali. Va detto che nelle Tavole di Gubbio è bene illustrata la presenza di due sacerdoti che effettuavano il sacrificio, deciso la sera precedente dagli anziani della comunità, riuniti in una cena. Da ciò deriva il termine latino e poi italiano di senato e senatore (da çersnatur, participio passato del verbo kersnaom, cenare).Durante la cena degli anziani veniva scelto quale animale sacrificare e con quale uccello controllare se l’esito del sacrificio fosse stato gradito alla divinità prescelta. Il sacerdote che era in alto, seduto nel solium, aveva proprio il compito di controllare se l’uccello prescelto venisse dalla parte giusta (per esempio il picchio verde doveva venire da levante), quindi con la bacchetta, in perfetto silenzio, segnalare al sacerdote che doveva sacrificare l’animale di procedere con il rito. Terminato il sacrificio, il sacerdote-augure, segnalava di nuovo l’arrivo di un picchio verde da levante. L’uccello augurale doveva attraversare lo spazio augurale, definito dalla pietre augurali o da qualche grande albero. Se il picchio verde fosse invece giunto da ponente, significava che il sacrificio doveva essere ripetuto. Da ciò il grande stress per la comunità e per il sacerdote officiante, che, in caso di ripetersi dell’evento negativo, poteva essere allontanato o addirittura ucciso. Da ciò l’uso di droga (si ritiene probabile l’uso di ammanita muscaria, tenuta precedentemente in acqua a macerare per un certo numero di giorni). Lo spazio sacro attorno al solium di Vezzola è perfetto, perché il solium è in alto e raggiungibile con una strada in live pendenza che attornia il muro in sassi che forma uno spazio sacro davanti al solium, dove il popolo non poteva salire. Qui, per separare il popolo dai sacerdoti non serviva forse il cancello (nelle Tavole indicato come çihçera, da cui il toponimo Cichero, nelle alture di Chiavari). La particolarità di questo soglio sta nella sua vicinanza con il castellare di Vezzola, che si trova a poche centinaia di metri al di là del torrente Casserola), con a destra il castellare di Suvero, e davanti il castellare del Dragnone e poi ancora vicino al castellare di Zignago. Si noti che il rilievo del solium è sullo strapiombo formato dalle frane provocate dalle acque vorticose del torrente. In particolare, dopo aver fatto la ricerca delle coordinate geografiche con il GPS “Garmin” è emerso che il soglio guarda esattamente verso Il Nord. Ciò è stato confermato con l’uso di tre bussole magnetiche e con l’uso della bussola del GPS. La posizione del soglio risulta essere la seguente:
Latitudine 44° 16, 604’ Nord
Longitudine 09° 45, 558’ Est
Elevazione metri 468
Anche utilizzando le carte dell’I.G.M. si può scoprire che il soglio e il culmine del Dragnone sono esattamente in meridiano (direzione Nord). Avendo chiesto al collega corso, archeoastronomo Antoine Marie Ottavi, di effettuare una ricerca con il suo programma computerizzato “Arkeorb”, egli mi ha inviato la carta del cielo, alla mezzanotte del 1° gennaio dell’anno 2.700 a.C., in cui si vede come la costellazione del Drago sia distesa sopra il rilievo del Dragnone, e come nella direzione del Nord sia posizionata la stella Thuban (cioè Alfa Draconis) che era la “stella polare” di allora. A questo punto sorge la nuova ipotesi che il toponimo Dragnone possa proprio derivare da questa particolare situazione astronomica della preistoria. Prima l’ipotesi etimologica del toponimo era basata sulla possibile lettura della radice dr- della voce sanscrita drâti = correre, con riferimento all’acqua che scorre veloce (si veda il fiume Drava). Nel “Dizionario di Toponomastica” UTET, alla voce abbastanza similare Dragoni, si legge il richiamo a fenomeni atmosferici violenti, quali i fulmini, che nel sito non mancano. Considerando però che tutta l’area è ricca di toponimi che riportano alla nostra preistoria, si veda l’idronimo Casserola o Casseruola, formato dalla radice catzum, pietra fallica, dalla radice ara, altare per le offerte, e dalla radice Hola, la divinità delle Tavole relativa agli orridi e ai pendii scoscesi, sembra più probabile far derivare il toponimo dall’archeoastronomia del luogo. Si noti che la sacralità di questo idronimo è confermata dal ritrovamento, sulle sue sponde, della prima delle statue stele della Lunigiana, avvenuto il 29 dicembre 1827 a Novà (Comune di Zignago). Essendo allora Zignago in Comune di Genova, la statua fu portata là con un carretto e ora si trova conservata nel Museo di Archeologia Ligure di Villa Durazzo Pallavicini, a Genova Pegli. La statua presenta l’iscrizione incisa con caratteri etruschi MEZUNEMUNIUS. A rafforzare questa particolare etimologia del Dragnone aiuta anche il ritrovamento in Sardegna, nell’ipogeo di Sas Concas (datato al 2.700 a.C.) di una particolare situazione astronomica. All’interno la sala, scavata nella trachite, è stata intagliata con allineamento astronomico, per cui si è verificato, che alla mezzanotte del solstizio d’inverno di quell’anno, Ursa Mayor si vedesse divisa dalla linea del Nord (realizzata con l’incontro ortogonale di due pareti) in due parti. Nella parete di sinistra le quattro ruote, nella parete di destra due stelle del timone. L’interesse dei nostri progenitori per le configurazioni del cielo era quindi predominante rispetto a tanti altri problemi. Completano infatti le manifestazioni sapienziali del vano le costellazioni di Cassiopea e dei Gemelli, la linea cielo/terra con le monadi che lo oltrepassano per scendere sulla Terra, lo shamano, la farfalla (animale psicopompo) e all’esterno anche la costellazione del Drago!
Bibliografia Specifica:
Anati Emmanuel - LE STAUE STELE DELLA LUNIGIANA - Cassa di Risparmio della Spezia, Jaca Book, Milano, 1981
Ancillotti A. & Cerri R. – LE TAVOLE DI GUBBIO E LA CIVILTÀ DEGLI UMBRI – Edizioni Jama, Perugia, 1996
Ambrosi Augusto - STATUE STELE LUNIGIANESI. IL Museo nel castello del Piagnaro – Sagep editrice, Genova, 1992
AA. VV. – DAL DIASPRO AL BRONZO. L’Età del Rame e l’Età del Bronzo in Liguria: 26 secoli di storia fra 3600 e 1000 anni a.C. – Luna Editore, La Spezia, 1998